UMBERTO GALIMBERTI : SCHOPENHAUER E IL PESSIMISMO


Arthur Schopenhauer nasce a Danzica il 22 febbraio del 1788. La giovinezza di Schopenhauer è segnata da numerosi viaggi in giro per l’Europa. Il padre, commerciante, li vede come un valido strumento di preparazione alla stessa professione. Ma in seguito alla morte del genitore, Arthur si allontana dall’ambiente mercantile per dedicarsi agli studi umanistici. Sua madre, scrittrice, si trasferisce a Weimar, dove dà vita a un salotto letterario frequentato anche da Goethe. Il giovane Schopenhauer conosce così il padre della letteratura tedesca. Schopenhauer cominciò successivamente a insegnare all’Università di Berlino, la stessa in cui insegnava anche Hegel, egli non ottenne molto successo con i suoi corsi, poiché li programmava allo stesso orario delle lezioni di Hegel, quindi tutti andavano alle lezioni di Hegel e nessuno alle sue.

Schopenhauer si definiva un filosofo inattuale rispetto al suo tempo, questo suo pensiero si può collegare sia a Nietzsche sia a Freud, questo può essere collegato ala sua triste biografia o alla sfortuna delle sue opere, come per esempio la sua opera più importante ossia il mondo come volontà e rappresentazione che ricevette una critica pessima a causa del suo carattere pessimistico e anti-idealistico.

Grazie alla raccolta di saggi Parerga e paralipomena, in cui riprende i temi dell’opera il mondo come volontà e rappresentazione ma li espone in modo brillante, con anche degli aforismi pungenti e con delle riflessioni particolarmente significative.

Il pensiero Schopenhaueriano si fonda sul fatto che il nostro io non è colui che governa la nostra esistenza, ma noi siamo governati da una volontà irrazionale che è la forza la potenza della natura che ci vede esclusivamente come funzionari per la sua autoconservazione. In noi ci dovrebbe essere una doppia soggettività:

·         una illusoria creata dal nostro io, ma questo è un mondo di inganni di illusioni,

·         mentre il vero regista della  nostra vita è la specie che ci vede semplicemente come funzionari per la sua autoconservazione.

Noi viviamo in un mondo di rappresentazione che nacque con Cartesio, ossia quello che noi conosciamo è semplicemente la rappresentazione che la nostra mente si fa del mondo. L’essere per Schopenhauer perché ritiene che la natura sia sostanzialmente un eterno e inarrestabile divenire.

Con Cartesio nasce il mondo come rappresentazione, egli infatti ritiene che noi non conosciamo la natura, ma conosciamo solo le risposte che la natura da alle nostre ipotesi. Nasce in questo periodo anche il metodo scientifico dalla scienza cosiddetta moderna, in passato si osservava la natura al solo scopo di individuarne le costanti, mentre attraverso il metodo scientifico si suppone che la natura ha delle prove cosiddette sperimentali e che se vengono soddisfatte le ipotesi esse divengono leggi di natura. Cartesio sostiene che l’uomo attraverso la scienza diventa dominatore e padrone del mondo. Secondo il filosofo noi conosciamo il corpo se lo guardiamo non per come lo sentiamo a partire dal mondo e dalla vita, ma se lo conosciamo attraverso idee chiare e distinte, come per esempio le idee della fisica, facendo nascere così il copro medico.

Il mondo come rappresentazione viene spiegato attraverso i quattro principi della ragion sufficiente: dell’essere nel quale noi collochiamo tutti gli enti nello spazio e nel tempo nella loro successione causale, grazie alle quali noi li conosciamo. Del divenire attraverso cui noi interpretiamo tutto ciò che diviene sulla base del principio della cause e dell’effetto. Del conoscere per cui noi assumiamo come vere le conclusioni giustificate da premesse. Dell’agire per cui giustifichiamo le nostre azioni a partire dalle motivazioni. Tutto questo secondo Schopenhauer è rappresentazione del mondo, è giustificazione che l’uomo introduce per nobilitare sé stesso e non vedersi semplicemente per quello che è in verità, ossia semplice funzionario della specie.

Kant riconosce la grande rivoluzione operata da Cartesio, ossia che quello che noi conosciamo non è la realtà in sé ma è la sua rappresentazione, concludendo dice che noi non conosciamo la cosa in sé, detto noumeno, ma conosciamo le cose per come ci appaiono, ossia i fenomeni.

Schopenhauer si oppone all’affermazione fatta da Hegel, ossia tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale, poiché ritiene che il mondo sia regolato no dalla rappresentazione ma dalla volontà.

Sia la filosofia antica, sia la filosofia contemporanea, sono caratterizzate dall’esclusione dalla corporeità. Già Cartesio aveva stabilito che il corpo è la prigione dell’anima, perché riteneva che le informazioni sensibili che ci provengono attraverso il corpo non sono attendibili a costruire un sapere oggettivo e universale. Non possiamo affidarci al corpo cosi come lo sentiamo e lo percepiamo nel mondo della vita. Schopenhauer ritiene che il corpo sia il luogo in cui si manifesta quella forza che la natura esprime sia nel mondo inorganico,vegetale, animale e umano.

Il bisogno e il desiderio sono due figure della mancanza, cioè io desidero quello che non ho, questo motivo era già stato anticipato da Platone, egli percepisce l’amore come un bisogno e una mancanza. Dai desideri soddisfatto nascono altri desideri che se non nascono naturalmente vengono creati. In seguito, Schopenhauer sostiene che la soddisfazione non va ad estinguere il desiderio, bensì ne crea altri, che creano una catena di bisogni, cioè una catena di mancanze, che costituiscono la condizione del dolore umano, ma la sua assenza porterebbe alla noia.  


La vera macchina è la macchina della forza della specie che inganna gli uomini con l’appetito sessuale e questi corrotti dal desiderio sessuale generano non per se ma per la specie, che senza generazione si estinguerebbe.

Schopenhauer si collega alle filosofie orientali, che sono filosofie di accettazione di ciò che accade, la non volontà è l’atteggiamento che noi dobbiamo assumere per contrastare la volontà irrazionale e le strade per farlo sono indicate da Schopenhauer in tre figure:

1.    la compassione: la consapevolezza che il dolore non è individuale ma appartiene a tutta quanta la specie, utilizzata dalla natura per la sua economia e non per l’economia dei singoli individui

2.    l’arte: ci porta fuori dallo spazio, dal tempo, dall’interesse, dal desiderio

3.    l’ascesa: l’astinenza sessuale, poiché se non si procreasse anche la volontà irrazionale che promuove la natura in tutte le sue creazioni si estinguerebbe

   La scena politica internazionale del’800 è dominata dalla figura di Napoleone che al comando delle armate francesi intraprende una lunga serie di campagne militari in Europa, La sua politica aggressiva provoca la reazione dei paesi che vedono minacciata la propria integrità territoriale e nazionale. La coalizzazione tra Russia, Prussia, Inghilterra e Austria riuscirà a porre fine all’avanzata di Bonaparte con la battaglia di Waterloo nel 1815. Le potenze vincitrici si riuniscono allora nel congresso di Vienna per ristabilire l’ordine politico internazionale, ripristinando i vecchi regimi assoluti. Nel 1817 in Germania le associazioni nazionaliste danno vita a manifestazioni ispirate a ideali liberali e patriottici che vengono duramente represse. E’ in questo clima fortemente autoritario che matura il pessimismo radicale di Schopenhauer, contrapposto all’ottimismo e alla fiducia del progresso del pensiero idealista.

Come detto in precedenza uno dei filosofi che possono essere ricondotti a Schopenhauer è Freud, egli infatti definisce Schopenhauer non solo il suo precursore ma anche il fondatore della psicoanalisi. Schopenhauer credeva che la psiche umana non fosse altro che pulsione, sessualità quindi l’eros e aggressività quindi l’inconscio, e l’unico aspetto che lo distingueva da Freud è che gli mancava il materiale per riuscire a giustificare le sue teorie. Secondo Freud la ragione è lo strumento per il dominio della natura e degli uomini, che non vi è nulla al di fuori della realtà e che la psiche si sviluppa in base al principio di piacere-realtà. In base al quale il piacere è la soddisfazione immediata del desiderio e la realtà è l’accettazione incondizionata di ciò che è, quindi la figura di rassegnazione e dolore di Schopenhauer.

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